La ragazza delle arance / Jostein Gaarder ; traduzione di Lucia Barni. – Milano : Longanesi, 2004. – 193 p.

 

La storia in breve:

Georg ha quindici anni ed ha perso il padre quando ne aveva appena quattro. Il suo ricordo del genitore è vago, richiamato solo da vecchie fotografie e filmati amatoriali. Viene ritrovata la lettera che il padre scrisse pochi giorni prima di morire. La lettera è destinata al figlio e volutamente nascosta affinché il figlio la potesse leggere solo una volta cresciuto.

Viene raccontata la storia dell’incontro del padre con la misteriosa "Ragazza delle arance" su un tram di Oslo. Dalla sua goffaggine nell’averle fatto cadere le arance alla sua successiva ricerca tra Oslo e Siviglia. Come per tutti i romanzi dell’Autore de "Il mondo di Sofia", la lettera è un pretesto per chiedersi e chiederci quale sia il senso della vita.

Commento:

Se si vogliono riproporre le classiche domande "chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo?" in un racconto, si corrono due possibili rischi: uno che le domande prevalgano sulla fluidità del racconto e che il sapore di lezione scolastica prevalga sulla narrazione, l’altro (diametralmente opposto) che il racconto renda sbiadita e superficiale la perenne forza di quelle stesse domande.

Se si racconta la storia di un ragazzo, che legge la storia personale del padre di cui è rimasto orfano, si corre il rischio di cadere nel patetico.

Ebbene in questa storia che si legge in qualche ora, dal linguaggio semplice, dal ritmo cadenzato non vedo gli esiti suddetti, per una serie di motivi di natura "non contenutistici". Ossia non è merito delle vicende raccontate e dei personaggi messi in scena se il racconto "si salva" e nemmeno per le "risposte filosofiche" proposte (soprattutto se valutate razionalmente): il tono sincero dell’Autore, la leggerezza dei brani, il piccolo gioco di svelare gradualmente piccoli misteri narrativi (Chi è la ragazza delle arance? A che cosa le servono tutte quelle arance? Qual è la domanda che il padre vuole porre al figlio? Cosa c’entra il telescopio spaziale Hubble?), la grazia con cui si racconta una storia d’amore, fanno accettare più facilmente il senso di fiaba impresso alla storia. Ovvio che se un lettore non vuole sentir parlare di stupore, meraviglia, speranza, nostalgia, anche il più bravo scrittore non può impedire che il libro venga chiuso dopo poche pagine. Ma se il lettore vuole abbandonarsi all’emozione, l’Autore gli fa dono di qualche momento di saggezza, per cui andar a riveder le stelle.

Stralci:

La verità è che mi sento già come un fantasma, e devo respirare a fondo ogni volta che ci penso. Comincio a capire perché i fantasmi spesso gemano e ansimino da fare tanta paura. Non è per spaventare i loro successori. È solo perché soffrono indicibilmente a respirare in un’epoca che non è la loro [lettera del padre] [pag. 17]

Non avrei nulla in contrario se uno di questi giorni durasse in eterno. Naturalmente verrebbero la sera e la notte, poiché il giorno ha un suo andamento ritmico e ciclico, ma poi il giorno successivo potrebbe cominciare esattamente nello stesso punto dove era iniziato il precedente. Non ho bisogno di vedere più cose o di fare di più esperienze di quante non ne abbia già viste e fatte. Vorrei soltanto, con tutto il cuore, poter tenere quello che ho. Ma i ladri sono all’opera, Georg. Degli ospiti indesiderati hanno iniziato a risucchiare la mia forza vitale. Dovrebbero vergognarsi. [lettera del padre][pag. 21]
Perché, se c’è il mondo, allora le frontiere dell’improbabile sono già state scavalcate. Capisci quel che voglio dire? Sono già così pieno di stupore per il fatto che esista un mondo, che non avrei spazio per altro stupore se dovesse rivelarsi che esiste anche un altro mondo dopo questo. [lettera del padre] [pag. 166]